Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/290

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234 note

condannato a morire, era mandato a combattere sopra un tavolato eretto nell’arena, il quale spalancavasi improvvisamente, gittando il reo in bocca ai leoni, che vi eran sotto appiattati.


Pag, 16, lin. 5.

Il Sistro era uno stromento di metallo consagrato dagli Egizj alla dea Iside, i cui sacerdoti se ne valeano per accompagnar colla musica i loro sacrifizj, e da ciò eran detti Sistriati.


Pag. 17, lin. 4.

Da queste parole il signor Ignarra nella sua dissertatone De Palaestra Neapolitana deduce due prove: la prima che il luogo qui citato fosse Ercolano, che ai tempi di Tito rimase sepolto sotto le lave del Vesuvio, e che ora dal portico di cui era ornato il tempio d’Ercole chiamasi Portici, ed è villeggiatura reale; la seconda che le aggiunte attribuite al signor Nodot, e che la maggior parte de’ critici rifiuta, appartengano veramente al testo originale di Petronio, e quindi abbiansi ad avere come parte integrante di quest’opera. Del che noi abbiamo abbastanza parlato nella prefazione.


Pag. 19, lin. 9.

Questo Epigramma trovavasi prima tra i frammenti di Petronio, appartenenti ai Satiricon, che non sapevasi ove collocare. Ma il Codice di Belgrado trovato dal signor Nodot lo pone in questo luogo, e par che ci calzi.


Pag. 22, lin. 14.

Credono alcuni, che qui si alluda al luogo, dove Nerone mandava a vendere quanto egli nel furore delle sue notturne pazzie, e per una invincibile inclinazione al furto, come avverte Tacito nel libro 15, andava rubacchiando.


Pag. 24, lin. 12.

Forse specie di sgherri, o d’imbroglioni, che stavano sullo spiar le occasioni di buscar danaro alle altrui spalle.