Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/62

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6 capitolo primo

d’essi invecchiando vuol confessare di aver nulla imparato. Finalmente, acciò tu non dica che io disapprovi sin anco le cose scritte colla semplicità di Lucilio,5 ti dirò in versi come io la pensi.


Chi al nome aspira di orator sublime,
E pascer vuol d’idee gravi la mente,
Segua le antiche usanze, e parco viva
Sì che n’abbia a portar pallido il viso.
5Fugga la corte altera e cruda: sprezzi
Le cene de’ potenti, e de’ malvagi
L’orme schivando nè lo spirto affoghi
Entro i bicchieri, nè pagato sieda
In sulla scena lodator di mimi.
10Ma o sia che alberghi ove il bastion grandeggia
Di Palla6 armipotente, o dove i campi
Solca aratro Spartano,7 o nella terra8
Delle Sirene, i primi anni consacri
Ai concenti di Pindo, e di Meonia
15Onda riempia il suo petto capace.
Colmo poi di Socratica dottrina
Lasci libero il freno, e l’arme vibri
Del sublime Demostene: ma sia
Man romana che l’usi, onde il suon greco
20Sorga cangiato nel sapor natìo.
Al foro allor coi ben vergati scritti
Offrasi, e tuoni del parlar suo franco
L’applaudita tribuna; allora, e citi
Le guerre in verso barbaro cantante,
25E volga a suo piacer del fero Tullio
Le parole magnifiche. Di questi
Pregi ti adorna, e di eloquenza un fiume
Tu verserai dall’Apollineo petto.