Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/76

Da Wikisource.
20 capitolo sesto


Voleva Ascilto entrare in Napoli lo stesso dì; ma gli è imprudenza, diss’io, metterci in luogo, dove per quanto si può supporre, sarem ricercati: meglio è che infrattanto peregriniamo, giacchè non ci manca di che star bene. Fu accettato il consiglio, e andammo ad un borgo per la bellezza delle case giocondissimo, dove molti de’ nostri amici godevansi la bella stagione: ma appena eravamo a metà del cammino, una pioggia grossissima ci obbligò di rifugiarci in un vicino villaggio, dove entrati in una locanda, molti altri vidimo raccolti per evitare il mal tempo. La folla fu cagione che non fummo osservati, e potemmo così più facilmente cogli avidi occhi indagare se nulla potevamo ghermire, quando Ascilto senza che altri si avvedesse, raccolse di terra un sacchetto, in cui trovò assai monete d’oro. Di questo primo felice augurio assai lieti noi fummo, e temendo che alcun reclamasse, noi zitti zitti uscimmo per la porta de’ carri, e qui vedemmo uno schiavo che insellava certi cavalli; il quale sendosi dimenticato non so cosa, lasciati i cavalli rientrò in casa: perlocchè io, lui partito, sciolte le fimbie, una egregia valdrappa levai: poi tenendoci lungo le botteghe ci salvammo in un bosco vicino.

Nel più folto del bosco, e dove ci tenevam più sicuri, molto pensier ci demmo del modo di nasconder quell’oro, sì per non essere del furto redarguiti, sì per non venir noi stessi rubati: e infin risolvemmo di cucirlo nel soppanno di un vecchio abito, che io poscia mi accavallai sulle spalle; e data la valdrappa in cura ad Ascilto, ci avviammo per obliqui sentieri verso la città: nell’uscire udimmo a man manca un che dicea: non isfuggiranno, e’ son venuti nel bosco, cerchiamli per tutto, e ci sarà facile d’attrapparli.

A queste parole tanto timor ci prese, che Ascilto e Gitone fuggironsi per mezzo agli spini alla città, ed io sì precipitosamente nel bosco tornai, che non m’av-