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Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/96

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CAPITOLO DECIMO

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cena.



Finalmente ci sedemmo, e i famigli Egiziani altri versarono acqua gelata alle mani, altri ci lavarono i piedi, togliendoci con esperta diligenza ogni bruttura dall’unghie. Nè tale molesto servizio facean essi tacendo, ma così a caso canticchiavano; onde mi venne pensier di provare se la famiglia tutta cantasse; perciò chiesi a bevere, ed eccomi un ragazzo prontissimo, che mi favorì parimenti di un’acida cantilena: così insomma usava ogni altro, cui qualche cosa era chiesta, in modo che l’avresti creduto un triclinio da pantomimi, anzi che da padre di famiglia.

Ma un lautissimo antipasto fu recato, e ciascheduno già si era steso fuorchè il sol Trimalcione, al quale conservavasi il primo luogo, per nuova disposizione; del resto il suo vaso a questo uso era di metal di Corinto, e rappresentava un asinello con una corba, nella quale da una parte stavano olive bianche, dall’altra nere. L’asinello era da due scodelle coperto, sull’orlo delle quali si vedea scolpito il nome di Trimalcione,