Pagina:Savonarola-Poesie-(1862).djvu/16

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m’insegna, come in un’antica raccolta si vedano attribuite allo stesso Belcari e a madonna Lucrezia Tornabuoni ne’ Medici alcune di quelle laudi, che si hanno nell’autografo del Savonarola, e che a lui intendiamo di mantenere; parendoci delle due più probabile, ch’errasse quegli che raccoglieva (il quale sopra trecento componimenti non seppe di ottantadue dir l’autore), di quello che Fra Girolamo copiasse la roba d’altri in un quadernuccio di suoi studi, e il proprio mescolasse con l’altrui, senza farne alcun motto. E forte ragione parve a lei, come pare anco a me, che quelle laudi non si leggano nella più antica raccolta delle poesie del Belcari, di cui descrisse un esemplare, forse unico, il bibliotecario Fossi nel Catalogo (I, 275) de’ quattrocentisti Magliabechiani.

Tranne, dunque, nell’uso tutto latino dell’h, dei pt, ct, ti, x ec. (che i nostri antichi adoperarono, più per un cotal marchio della razza delle parole, come dice il Salviati, che perchè in fatti l’esprimessero con la voce), io ho riprodotto l’autografo di Fra Girolamo nella sua integrità: perchè molte fogge di scrivere ci mostrano l’etimologia, o la pronunzia di quell’età, diversa un po’ dalla odierna. E di siffatta merce potrà arricchirsi il glossario della lingua italica, se non il vocabolario dell’idioma toscano: duplice lavoro a cui ora intende la Crusca; la quale cita ora