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Pagina:Savonarola-Poesie-(1862).djvu/38

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     Quivi lussuria et ogne preda abunda:
     Che non so come il ciel non si confunda.

Non vedi tu il satirico Mattone2
     Quanto è superbo, et è di vizii un fiume?
     Che di gran sdegno il cor mi se consume.
     Deh! mira quel cinedo e quel lenone
     Di porpora vestito, un istrione
     Che ’l vulgo segue e il cieco mondo adora!
     Non ti ven sdegno ancora,
     Che quel lussurioso porco gode,
     E le toe alte lode
     Usurpa, assentatori e parasciti;
     E i toi di terra in terra son banditi?

Felice or mai chi vive di rapina,
     E chi de l’altrui sangue più se pasce,
     Chi vedoe spoglia e soi pupilli in fasce,
     E chi di povri corre a la ruina!
     Quella anima è gentil e peregrina,
     Che per fraude o per forza fa più acquisto;
     Chi spreza il ciel cum Cristo,
     E sempre pensa altrui cacciar al fondo:
     Colui onora el mondo,
     Che ha pien di latrocinii libri e carte,
     E chi d’ogne mal far sa meglio l’arte.
 
La terra è sì oppressa da ogne vizio,
     Che mai da sè non levarà la soma:
     A terra se ne va il suo capo, Roma,
     Per mai più non tornar al grande offizio.