Pagina:Schiaparelli - Scritti sulla storia della astronomia antica, II, 1926.djvu/120

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di eudosso, di callippo e di aristotele 109

vi sia riuscito? Ma è certo che neppur di questo, com’è chiaro, alcun di loro intraprese la dichiarazione per mezzo di ipotesi prima di Autolico Pitaneo, il quale tuttavia non la potè dare1: intendo parlare del fatto, che gli astri sembrano qualche volta ii noi vicini, qualche volta lontani; ciò che per alcuni di essi è evidente a prima vista. Perchè l’astro detto di Afrodite, e quello detto di Marte, nel mezzo delle loro retrogradazioni2 appaiono molte volte più luminosi, così che quello di Afrodite nelle notti senza Luna fa proiettar ombra ai corpi. Ma anche della Luna è facile vedere, ch’ella non si trova sempre alla medesima distanza da noi, perchè non appare sempre della medesima grandezza a chi la considera paragonandola con un altro oggetto. Ciò risulta anche da osservazioni fatte con istrumenti, perchè occorre ora un disco (τύμπανον) di undici dita, ora uno di dodici, collocato alla medesima distanza dall’osservatore, per impedirne a questo la vista. Intorno a ciò dà testimonianza, in favore delle cose dette, anche quanto accade in occasione delle eclissi perfette (cioè centrali) del Sole, ed è corto argomento della verità di quelle. Perchè, quando accade che i centri del Sole e della Luna si dispongono in linea retta colla nostra vista, non succedono sempre le medesime apparenze; ma talora avviene, che il cono, che è circoscritto alla Luna ed ha il vertice nel nostro occhio, è pure circoscritto esattamente al Sole: altre volte il Sole rimane tutto occultato

  1. Qui intercalato si trova in ambe le edizioni stampate e nel latino ancora quanto segue: δηλοῖ δὲ ἡ πρὸς Ἀριστόθηρον αὐτοῦ διαφορά, cioè: «manifesta la sua differenza con Aristotele». Ambo i testi hanno veramente Ἀριστόθηρον, e identica lezione ha il M. S. di Simplicio, che esiste nella biblioteca dell’Università di Torino. Questa glosa, la quale interrrompe il senso e non ha qui nulla che fare, fu da noi omessa. Poscritto. — Dopo tre anni mi è riuscito di chiarire questo punto. Il passo non è un’aggiunta posteriore, come io credeva, ma può benissimo rimanere nel testo. Io ho trovato che è esistito realmente un personaggio di nome Ἀριστόθηρος. Egli fu contemporaneo di Autolico (circa 300 a.C.), fu matematico come lui ed ebbe a scolaro il celebre poeta Arato. (Vedi la biografia di Arato nell’edizione degli scritti di Arato fatta dal Beuhle, Leipzig, 1793, vol. 1, p. 4). Dunque ciò di cui parla Sosigene non è altro che una disputatio Autolyci contra Aristotherum, dove verosimilmente Autolico esponeva le proprie idee sul moto dei pianeti, ed alla quale, come a cosa nota, Sosigene si riferisce.
  2. προηγήσεις, progressioni in avanti, cioè in antecedentia o verso occidente, che equivale alle retrogradazioni. Veramente la massima luce di Venere non succede nel mezzo delle sue retrogradazioni.