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182 rubra cunicula


Ma per tutte vale l’autorità di Tolomeo, il quale nel libro VIII, capo 3 dell’Almagesto, descrivendo la costruzione della sfera solida stellata, dice che per segnarvi sopra ordinatamente le stelle bisogna cominciare dalla più brillante di tutte che è nella bocca del Cane: τὸ μὲν λαμπρότατον αὐτῶν, λέγω δὲ τὸν ἐν τῷ στόματι τοῦ κυνός.

Non vi è dunque ragione di supporre che nell’intensità luminosa di Sirio sia avvenuta alcuna sensibile mutazione negli ultimi venti secoli1.

Lo stesso non possiamo però risolutamente affermare del colore di questa stella. Trovansi infatti presso alcuni scrittori antichi diversi accenni, i quali con sufficiente concordia ci condurrebbero a supporre, che intorno al principio dell’èra cristiana Sirio fosse di color rosso intenso; mentre oggi tutti vediamo esser questa stella del bianco più puro, anzi si potrebbe sostenere, che la sua viva luce contenga qualche poca mescolanza di colore azzurro. Se la verità di una tale mutazione si potesse metter fuori d’ogni dubbio, notabili conseguenze ne verrebbero per la storia fisica non solo di Sirio, ma del Sole ancora, e di tutte le stelle. Negli ultimi anni infatti è venuta acquistando molto favore fra gli astronomi un’ipotesi, secondo la quale le stelle di color rosseggiante sarebbero (relativamente) prossime ad aver finito di esistere come corpi lucenti di luce propria; in altri termini, le stelle rosse sarebbero, più presto che le altre, votate alla totale estinzione del loro splendore, a parità di circostanze. Invecchiando e perdendo continuamente calore da esse irradiato nello spazio indefinito, muterebbero di colore passando dal bianco per diversi gradi intermedi al rosso e dal rosso all’oscurità totale, come si osserva in una massa di ferro che si vada raffreddando dopo di essere stata riscaldata fino al calor bianco. Una vicenda inversa di colorazioni, il passaggio cioè dal rosso al bianco

  1. A questa conclusione sembra contraddire quanto scrive Gemino nei suoi Elementi di Astronomia, Capo XIV, che «la grandezza del Cane è superata da altre stelle». Ma Gemino fra gli antichi è uno di quelli che ammettono fra le stelle una grande varietà di distanze dalla Terra. «Non si deve pensare che tutte le stelle sian poste sopra una stessa superficie (sferica): ma invece è da credere che alcune sian più alte, altre più basse». Ibidem. Capo I. Pertanto la difficoltà accennata si risolve ammettendo che Gemino intendesse parlare della grandezza reale del Cane, non dello splendore apparente.