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avvenire che ciascuno dei due avversari, anche dopo conosciuti tutti gli argomenti dell’altro, rimane del parere di prima. Così è avvenuto a me, e così probabilmente avverrà al dott. See. Non può esser pertanto mia intenzione di far un esame critico delle sue ragioni, intavolando una discussione che potrebbe costare molto tempo e molto lavoro e forse poi anche non condurre ad alcun risultato decisivo. Ma nel lavoro del dott. See si contengono alcuui fatti da me prima ignorati, o da me taciuti come poco rilevanti per la questione. Su questi io intendo fermare l’attenzione con alcune brevi note, le quali, formando supplemento alla memoria precedente, la renderanno completa per quanto mi è possibile. In tal modo, dopo che ciascuno di noi avrà fatto un’esposizione integrale di ciò che si può dire in favore del suo modo di vedere, il lettore imparziale potrà dal canto suo estimare le probabilità relative dell’una e dell’altra opinione, e decidere con piena cognizione di causa.

VII. SIRIO NELL’ILIADE.

In tre luoghi di questo poema è fatta allusione a Sirio, che qui si riferiscono nel testo loro originale e nella versione del Monti.

Iliade V, vv. 4-7:

δαῖέ οἱ ἐκ κόρυθός τε καὶ ἀσπίδος ἀκάματον πῦρ,
ἀστέρ' ὀπωρινῷ ἐναλίγκιον, ὅς τε μάλιστα
λαμπρὸν παμφαίνῃσι λελουμένος Ὠκεανοῖο·
τοῖόν οἱ πῦρ δαῖεν ἀπὸ κρατός τε καὶ ὤμων.

Ibid. XI, vv. 61-63:

Ἕκτωρ δ´ ἐν πρώτοισι φέρ´ ἀσπίδα πάντοσ´ ἐΐσην,
οἷος δ´ ἐκ νεφέων ἀναφαίνεται οὔλιος ἀστὴρ
παμφαίνων, τοτὲ δ' αὖτις ἔδυ νέφεα σκιόεντα,
ὣς Ἕκτωρ κ. τ. λ.