Pagina:Schiaparelli - Scritti sulla storia della astronomia antica, II, 1926.djvu/274

Da Wikisource.

astro-meteorologici degli antichi 263


Considerando dunque che ogni 1461 giorni il Sole ritorna a prendere il medesimo luogo nell’eclittica alla medesima ora del giorno, Eudosso adottò questa durata come rappresentante il vero periodo degli influssi solari, dei quali l’anno di 365 o 366 giorni offriva il ritorno soltanto approssimato. Tale idea è esposta da Plinio nei seguenti termini: Omnium quidem (si libeat observare minimos ambitus) redire easdem vices quadriennio exacto Eudoxus putat, non ventorum modo, verum et reliquarum tempestatum magna ex parte. Et est principium lustri ejus semper intercalario anno, caniculae ortu (Hist. Nat. II, 17). E Columella, discorrendo del numero d’anni necessario per esperimentare tutte le qualità di un fondo: Sed ubi plurimis velut emeritis annorum stipendiis fides surculo constitit, nihil dubitandum est de foecunditate. Nec tamen ultra quadriennium talis extenditur inquisitio; id enim tempus fere virentium generositatem declarat, quo Sol in eandem partem signiferi per eosdem numeros redit, per quos cursus sui principium coeperat. Quem circuitum meatus dierum integrorum mille quadringentorum sexaginta unius ἀποκατάστασιν vocant studiosi rerum caelestium. (De re rustica, lib. III, cap. VI). Questo ciclo essendo puramente solare, non corrisponde al ritorno della Luna: epperò gli effetti sull’atmosfera e sulla vegetazione si restituiscono soltanto magna ex parte, siccome dice Plinio. Per tener conto degli influssi lunari Eudosso ritornò all’antica ottaeteride; duplicando il ciclo precedente formò così il suo anno grande di 2922 giorni solari, ai quali corrispondevano approssimativamente 99 lunazioni di giorni 2923 ½. La differenza di un giorno e mezzo sarebbe stata intollerabile in un ciclo destinato a regolare la cronologia, nè certo poteva quel grande astronomo ignorare il ciclo tanto più esatto di Metone1. Ma trattandosi semplicemente del rin-

  1. Quegli eruditi, i quali credono che Eudosso abbia risuscitata l’ottaeteride soltanto per uso del Calendario, non sapendo come spiegare questo regresso rispetto al computo di Metone, hanno supposto che il ciclo d’Eudosso non fosse di una ottaeteride sola, ma di venti ottaeteridi o 160 anni; in capo ai quali la differenza di 1 ½ giorni qui sopra accennata, accumulandosi, riesce a formare una lunazione intiera di 30 giorni. Questa, omessa in capo a 160 anni, ristabiliva, secondo loro, raccordo fra il computo lunare ed il solare. Noteremo a questo proposito, che l’uso di questo ciclo di 160 anni non è attestato che assai vagamente da un solo autore, il quale sembra piuttosto che l’abbia inventato per suo conto, e ad ogni modo non nomina affatto Eudosso. La celebrità di questo astronomo non avrebbe certamente lasciato in ombra così densa la memoria del ciclo di 160 anni,