Vai al contenuto

Pagina:Scientia - Vol. X.djvu/349

Da Wikisource.
338 dell'attenzione

nostra porta, per distinguere dalla cadenza quale dei nostri amici è venuto a farci visita, e ora, invece, al rumore delle ruote per sapere se la persona che ci viene a prendere per la passeggiata ha attaccato la carrozza chiusa o quella aperta. L’attenzione può persino rivolgersi ora a certi attributi d’una sensazione, p. es. all’intensità o all’altezza d’una nota musicale, ora a certi altri, p. es. al timbro di essa. Nessun altro esempio potrebbe dimostrare meglio di questi l’indipendenza assoluta dell’attenzione dall’aggiustamento dei sensi come da qualsiasi altro «fattore periferico» in genere1.

Da quest’origine «centrale» dell’attenzione, così pienamente dimostrata, e dall’intima sua natura, sopra analizzata, di contrasto fra due affettività antagoniste deriva allora una conseguenza d’ordine fondamentale, la cui importanza ci apparirà ancora più evidente nella seconda parte di questo studio dove esamineremo gli effetti che le tendenze affettive hanno sulla evocazione e sulla «vividità» delle imagini e delle sensazioni. Ed è che l’oggetto dell’attenzione viene così considerato ad un tempo sotto due punti di vista del tutto diversi. Cosicché tutta una serie di proprietà e di attributi, di vantaggi e di inconvenienti, vengono percepiti, osservati, rammentati, posti in rilievo, che non lo sarebbero ove fosse desta una sola affettività.

Alla ben nota definizione metaforica del Wundt dell’«appercezione», prodotta dall’attenzione, e consistente, secondo questo autore, nel passaggio dell’immagine «von dem inneren Blickfeld in den inneren Blickpunkt des Bewusstseins», ben più giusto sarebbe quindi sostituire l’altra d’un duplice riflettore interno che rischiara l’oggetto o l’imagine da più parti contemporaneamente2. Ecco perchè l’attenzione impedisce che il contributo mnemonico di evocazioni sensoriali, che l’affettività aggiunge alla sensazione elementare bruta nell’attimo stesso del suo destarsi, deformi la «percezione», che risulta da un tale apporto mnemonico, in «illusione» od «allucinazione», come succede invece ogni volta che l’affettività stessa così destatasi resti unica.

  1. Cfr. 0. Külpe, art. cit.: The Probi, of Att., 50.
  2. Cfr. W. Wundt, Grundzüge der physiologische Psychologie, Fünfte Auflage, Dritter Band, Leipzig, Engelmann, 1903, pag. 333; e W. Ostwald, Vorlesungen über Naturphilosophie, Dritte Auflage, Leipzig, Veit, 1905, pag. 400, 403.