Pagina:Sella - Plico del fotografo.djvu/129

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parte seconda. 107

» arrivare a diminuire considerevolmente la trasfigurazione e la » aberrazione, e ad ottenere una pianezza soddisfacente per la » superficie focale sino a circa 30 gradi di campo per la foto» grafia, e sino a 3 gradi per l’astronomia; ma al di là di questo » limite questi difetti aumentano rapidissimamente.

a 8° Quando la luce incidente arriva in onde pochissimo curve, » cioè a dire quando gli oggetti sono considerevolmente lontani, » il sistema ottico può consistere in un sol vetro: ma bisogna ne» cessariamente avere due vetri quando la distanza è ridotta a » cinque o sei volte la lunghezza focale del sistema. Per le copie a di grandezza naturale il sistema deve essere simmetrico relalia vamenle al diaframma.

a 9° Un sistema ottico a due vetri, essendo costrutto per un » caso dato di distanza degli oggetti, non sarà proprio per un’ala tra distanza.

» Si può però far variare entro certi limili la sua altitudine, » rendendo variabile la posizione del diaframma, come anche la a distanza dei due vetri.

» 1 0. Non si può nulla stabilire di positivo sopra le proporli zioni del sistema, sulle curvature e sugli spessori dei vetri » convenienti per la fotografia, inaino a tanto che l’esperienza non » avrà fornito le costanti delle forinole, e determinato i limili » delle tolleranze accettabili.

a Egli è di questa esperienza che dovrebbero occuparsi seriali mente i fotografi, onde fornire agli ottici questi elementi in» dispensabili ».

SEZIONE II.

Degli oggettivi fotografici.

Come accennammo ai principio della sezione 1 di questa seconda parte deU’ollica, in fotografia si chiama col nome di oggettivo una o più lenti montale sopra un tubo destinato ad essere applicato ad una camera oscura. Questa denominazione di oggettivo è la stessa di quella che gli ottici danno alla lente di fronte di un cannocchiale, che guarda gli oggetti, per distinguerla