Pagina:Sella - Plico del fotografo.djvu/26

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4 introduzione.

presa, giunse ad ottenere i primi risultati che si fossero mai prima di lui ottenuti; giunse a fissare l’immagine dipinta dalla luce nella camera oscura, ed a realizzare così l’importanza e l’utilità di questo istrumento.

Tutti i bitumi, le resine ed i residui degli olii essenziali vengono in modo sensibile decomposti dalla luce; laonde, come Wedgwood e Davy ebbero ricorso ai sali d’argento, così Niepce fece uso di queste sostanze per giungere ad ottenere dei disegni col mezzo della luce.

L’asfalto o bitume di Giudea, che esposto all’azione dei raggi luminosi imbianchisce assai prontamente, è quello che venne scelto da Niepce. Lo scopo, che questo inventore si proponeva, fu dapprima soltanto quello di riprodurre delle stampe od incisioni. Per questo fare egli rendeva trasparente il disegno, che voleva copiare, col mezzo di una vernice, affinchè esso potesse dare facilmente passaggio alla luce; applicava quindi questo disegno sopra di una piastra di stagno rivestita con uno strato di bitume di Giudea.

I raggi luminosi da una parte, attraversando i bianchi del disegno, imbianchivano il bitume sottostante, e, venendo dall’altra parte fermati dai neri, non modificavano il bitume nero. In tal modo, quando l’azione della luce era terminata, si aveva una riproduzione fedele del disegno, in cui i lumi e le ombre conservavano la loro naturale posizione.

Per fissare quest’immagine bisognava togliere la sostanza alterabile dalla luce, e ciò ottenne Niepce introducendo la lamina metallica nell’essenza di lavanda. Le parti del bitume non impressionate dalla luce venivano sciolte, mentre le parti alterate dall’agente luminoso rimanevano insolubili. Così si aveva dunque già un disegno prodotto dalla luce, e, quel che più importava, solido contro un’ulteriore azione della luce stessa; così si era fatto il primo passo verso l’utilità che ora ricaviamo dalle influenze decomponenti esercitate dalla luce sopra una grande varietà di composti chimici.