Pagina:Sella - Plico del fotografo.djvu/28

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6 introduzione.

dimenti di questa nuova arte, che il suo autore distingueva col nome di Eliografia1, lasciò ben tosto la pittura per occuparsi esclusivamente intorno ad essa, mettendosi sino dal 1829 a lavorare con Niepce.

Come quasi sempre succede agli inventori, non era riservato a Niepce di vedere realizzate le sue speranze, che tanti sacrifizii gli avevano costato. Alla vigilia di godere del trionfo della sua arte, di ricevere la giusta ricompensa della sua perseveranza, volle il destino che egli fosse rapito dalla morte, misero, senza gloria, ignorato dai suoi concittadini.


Dagherrotipia, ossia fotografia su piastra.

Rimasto solo, Daguerre continuò a lavorare indefessamente per arrivare alla perfezione della meravigliosa arte inventata da Niepce, e le sue fatiche furono coronate da un insperato successo.

Egli osservò che la lamina di rame inargentata sottoposta ai vapori dell’iodio nel modo indicato da Niepce, e quindi lasciata parzialmente in contatto della luce, veniva in tal maniera modificata, portandola in contatto dei vapori di mercurio, che le parti della lamina state illuminate venivano distintamente accusate, mentre non subivano alcuna modificazione le parti rimaste all’oscuro.

Questo fatto condusse naturalmente Daguerre a sostituire il iodio al bitume, il mercurio alla mistura di essenza di lavanda e di petrolio, e così fu possibile ottenere risultati molto più perfetti in uno spazio di tempo di gran lunga più breve.

Il mercurio non ha la doppia proprietà della mistura

  1. Questa parola eliografia è forse più esatta che non la parola fotografia, perchè, come si dirà, i raggi luminosi per se stessi non sono quelli che producono i così detti disegni Luce-disegnati, ossia fotografici.