Pagina:Sella - Plico del fotografo.djvu/48

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26 introduzione.

dalla lente che non il foco visuale presso cui si vede l’immagine. Allontanando l’immagine dalla lente, od allontanando la lente dall’immagine dopo della fochizzazione, si arriva a produrre buoni risultati dopo alcuni esperimenti. I microscopisti trovano più comodo allontanare la lente per correggere la differenza dei fochi. Quanto più è potente la lente oggettiva, ossia quanto più corto è il suo foco, tanto meno richiede di essere allontanata. Così mentre una lente del foco di 4 centimetri può richiedere uno spostamento di un millimetro, una lente che avesse un foco di solo un centimetro o ancor minore, la differenza è così poco sensibile, che in pratica si può dire nulla.

La luce, che illumina l’oggetto microscopico, deve essere o la luce del sole, o la luce elettrica, concentrata sull’oggetto col mezzo di un riflettore, e di un condensatore. Colla luce diffusa non si farebbe che perdere tempo, e fatica. La luce del sole produce sempre un grande riscaldamento dell’oggetto, e ciò è una non infrequente causa di insuccesso, perciò quando è possibile è meglio far uso della luce elettrica, o di altra luce artificiale. Le difficoltà crescono, quanto più potente è la lente oggettiva che si adopera, perchè con essa l’immagine è meno perfetta. Non si deve usare una apertura angolare più grande di quella, che permette di osservare i dettagli nella struttura dell’oggetto, poichè quanto più piccola è l’apertura, tanto più nitida è l’immagine.

Tra quelli che si sono maggiormente occupati della fotografia di oggetti microscopici noi dobbiamo citare Shadbolt e Bertsch. Quest’ultimo ottenne prove di oggetti translucidi con un ingrandimento di 1000 diametri, ossia con un ingrandimento superficiale di un milione di volte maggiore del vero, ed ottenne prove di oggetti opachi con un ingrandimento di 150 diametri.