Pagina:Seneca - Lettere, 1802.djvu/65

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demo noi medesimi; le quali non compreremmo, se ci convenisse dar per averle la nostra casa, o qualche ameno e fruttifero podere, e non dimeno per possederle non guardiamo nè a fastidj, nè a pericolo, nè a perdita d’onore, di libertà, e di tempo. Tanto tenemo poco conto di noi, che non vi è cosa a ciascheduno più vile di se medesimo. Facciamo dunque in tutte le deliberazioni, e in tutte le cose nostre quel che solemo far con questi, che vendono mercanzie; e vediamo quel che noi desideriamo quanto si venda. Molte volte vi son cose di grandissimo prezzo, che s’han poi per niente. Io ti posso mostrare che molte cose, dopo averle acquistate e tenute, n’hanno tolto la libertà. Noi saremmo nostri senza dubbio, se queste cose non fussero nostre. Considera dunque tra te medesimo queste ragioni, non solo nell’accrescimento di questi beni di fortuna, ma ancora nella perdita; e risolviti che tutti siano caduchi. E poichè sono avventizj, tanto facilmente vivrai senza essi, come vivevi prima che ti fussero dati dal caso. Se lungamente gli hai posseduti, puoi dir d’avergli perduti, dopo che te ne sei saziato: se gli godi poco tempo, tu gli perdi prima che tu vi facci l’uso. Se averai minor somma di danari, averai anco minor fastidio: se sarai manco in grazia del mondo, sarai ancor manco invidiato. Considera di grazia tutte queste cose, che ci fanno impazzire, e la perdita delle quali ci causa anco fin alle lacrime; e conoscerai apertamente che non è il danno che ne tormenta, ma l’opinion del danno. Nessuno s’accorge ch’