Pagina:Senofonte L Economico tradotto da Girolamo Fiorenzi Tipografia Nobili 1825.djvu/134

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ancora io sapeva. Ma domandandoti io, disse Iscomaco, circa all’argento se sia buono, o no; ti potrei io persuadere, che tu sappi discernere l’argento buono dal falso? Ed anche col domandarti di coloro che suonano il flauto, non ti potrei già far credere di saperlo suonare: così intorno a’ pittori, e ad altri artefici. Forse anche il potresti, diss’io, poichè dell‘agricoltura mi hai persuaso di esserne esperto, quantunque io sappia che niuno mi ha mai insegnato una tale arte. Non è egli così, o Socrate, come ti vai immaginando: ma io ti aveva già detto, essere l’agricoltura un’arte cotanto amica, e dimestica agli uomini, che al solo vederla praticare, o udirne pur ragionare, a dirittura ti vien fatto di apprenderla. Troppo più cose poi, che io non ti ho detto insegna l’agricoltura a chiunque con diligenza la esercita. Per esempio la vite col salire sopra gli alberi tosto che ne abbia alcuno vicino, t’insegna che si conviene tenerla diritta con alcun sostegno: e spandendo poi i pampini mentre sono ancora teneri i suoi grappoli, ti mostra, che si conviene in quel tempo tenerla ombreggiata: quando sia poi giunto il tempo, che il sole abbia a raddolcire le uve, gittando le foglie, t’insegna a spogliarla dei pampini perchè quelle uve maturansi nell’autunno, e se per aver essa molto nutrimento ti dimostri alcuni de’ suoi grappoli già maturi, ed altri ne abbia ancora