Pagina:Senofonte L Economico tradotto da Girolamo Fiorenzi Tipografia Nobili 1825.djvu/46

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IO

tobulo disse: a tutto questo, o Socrate, io non ho che opporre; ma egli è ben tempo che tu prenda il governo de’ miei averi, acciò davvero non divenga da compiangere. — Ciò avendo Socrate udito, disse: e non istupisci di questo che ora tu fai? perocchè poco fa, quando io diceva di essere ricco, ti ridesti di me, come se nemmeno sapessi che cosa fosse ricchezza, e non cessasti se non dopo avermi ripreso, e costretto a confessare, che io non possedevo neanche la centesima parte del tuo avere: ora poi vuoi che mi ponga al governo delle tue cose, e che abbia cura onde tu veramente non divenga al tutto miserabile? — Io veggo, disse, che tu, o Socrate, conoscendo la via di arricchire ti sai procacciare alcuna cosa di sopravanzo; quegli adunque che dal poco se avvantaggiarsi, spero che dal molto facilmente grandissima abbondanza saprà produrre. — E non ti rammenti tu come poc’anzi nel discorso da noi senza alcuna dubitazione si disse, che non sono ricchezze i cavalli a chi non sa usarne, e così nè anche la terra, nè gli armenti, nè il denaro, nè alcuna altra cosa di cui altri non sappia servirsene, quantunque tali cose rendano di lor natura alcuna utilità, come poi vuoi tu che io sappia di esse servirmi se niuna mai non ne ho posseduta? — Ma si è pur anche detto che quantunque alcuno non abbia ricchezze, può ben avere la scienza dell’economia: quale