Pagina:Senofonte L Economico tradotto da Girolamo Fiorenzi Tipografia Nobili 1825.djvu/61

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CAPITOLO V.


Ora di ciò, o Critobulo, ti vengo così distesamente ragionando, disse Socrate, perchè dall‘agricoltura nemmeno quelli che più abbondano di dovizie possono starsi lontani: e ben si pare, come l’attendere a cotal arte reca e un tempo e diletto all‘ animo, e accrescimento alla casa, e destrezza al corpo in tutte quelle operazioni, che ad uomo libero si conviene di esercitare: perocchè primieramente la terra quando ben coltivata sia, tutte quelle cose produce per le quali sostentasi la vita umana, e molte anche ne aggiunge, che servono a ricrearla, e appresso quelle cose colle quali gli uomini adornano i simulacri degli Dei, e dalle quali essi stessi vengono pure adornati, queste e soavemente olezzanti e di vaghissimi colori distinte, la medesima terra ne somministra: dopo questo delle vivande molte ne ingenera, e molte ne nutrica, collegandosi l‘arte pastorizia coll’agricoltura, onde più cose si abbiano gli uomini, e da adoperarle per se stessi, e da offerirne sacrificii agli Dei, e renderseli benevoli. E tanti, e così grandi beni copiosamente porgendosi agli uomini dalla terra, non permette già che veruno di questi prender se ne possa da chi pigro sia; ma invece assuefà a sostenere e il freddo del verno e il caldo