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118 il collare di budda

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Bisogna sapere che Gioacchino non era punto avaro; ma l’antiquario dello Scudo d’oro non aveva torto: quella smania riesciva stravagante. Il giovine, come vedremo, spendeva tutto quello che guadagnava. La sua camera non si poteva dir sudicia, benchè la moglie borbottona di Zaccaria non togliesse la polvere dal cassettone, dallo specchio, dalle quattro scranne, dalla poltrona zoppa e dalla tavola tarlata se non una volta ogni due settimane. Codesti mobili erano assoluta proprietà di Gioacchino, il quale pagava cinque lire al mese la stanza vuota, e dava mensualmente per il servizio della degna sposa di Zaccaria una lira: molto più di quello che si meritasse. Ora mettiamo il mangiare, il vestire, i divertimenti, e giungeremo alle tre lire al giorno, nè più nè meno. Gioacchino aveva ereditato dallo zio, un sant’uomo, centomila lire o giù di lì, e gli affari della cassa alla Banca di Sicurtà gli avevano dato nell’ultimo bilancio un frutto netto di diecimila lire, che doveva crescere del doppio l’anno seguente; ma questo non era guadagno proprio suo, era guadagno del denaro suo: bisogna distinguere. Gioacchino, fra le altre virtù, aveva quella della modestia: valutava poco l’opera