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quattr’ore al lido 181

Pallium, nelle diverse fogge, che piacevano meglio a quella naturale affettazione, da cui l’uomo coperto di un gran manto non si sa quasi mai liberare. I Greci avevano venti modi di acconciarsi il pallio: affibbiato sul petto, affibbiato alle spalle, senza ripiegatura, addoppiato, con le mani nascoste, con un braccio fuori dalla spaccatura di destra, con un lembo sopra una spalla corto, con un lembo sopra una spalla lungo, stretto alle anche con pieghettine trite, ondeggiante in gonfi svolazzi o libero di cadere in larghi piani ed in ampie curve. Ogni maniera aveva il suo proprio nome, conveniente ai zerbinotti, ai filosofi, ai viaggiatori, ad ogni classe di persone. Tacito si lagnava già delle vesticciuole misere degli oratori romani, e che le portassero male. Figuratevi noi la bella figura che facciamo, usciti dall’acqua, in quei pallii bagnati e appiccicaticci!


L’aria salata e la ginnastica del nuoto mettono in corpo una gran fame. Andai sul terrazzo de’ Bagni, e ordinai da pranzare. L’edificio, che si distende in una lunghissima linea retta, è tutto di legno e piantato su alte palafitte, le quali lasciano sfogo ai marosi quando il mare è grosso, e quando è tranquillo rompono a’ loro piedi le onde placide, che pure mandano romore a intervalli misurato e grave, quasi battute sorde di un maestro di cappella. Il coro, l’armonia di quel-