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il demonio muto 219

nica e la serva, che erano presenti, ci credettero impazziti; ma, giacchè il riso è contagioso ed il prete riesciva tanto bizzarro nei suoi contorcimenti, si misero a ridere anch’esse. La solennità dell’olio santo s’era trasformata così in una farsetta da carnevale.

Allora io pigliai da lato la mia chitarra e cominciai gli accordi, e il prete intonò una canzone delle sue più sguaiate; ed egli cantava con pazza gioia ed io accompagnavo con tanto felice ardore, che mi pareva di essere il dio della contentezza. Ma la saggia Menica mi fece smettere per forza, e mandò via il curato bislacco, che si sentiva ridere ancora sulle scale e in istrada di questo suo penitente mezzo morto, resuscitato.

Il dì seguente mi svegliai con un rabbioso appetito. Due giorni dopo giravo tutta la casa; quattro giorni appresso andavo nel brolo e nel paese, e, passata una settimana, mi arrampicavo sui monti e avrei mangiato i gusci delle ostriche.

La mia guarigione fu cominciata dalle smorfie del prete, ma fu compiuta dalla chitarra. Tu non puoi pensare quale beatitudine fosse la mia nel potere di nuovo agitare fieramente le corde di quello strumento, che amo sin da fanciullo, e che mi è sempre stato una grande consolazione nelle traversìe della vita giovanile e ne’ piccoli fastidii della vecchiaia.

Tu mi hai sentito suonare. Sono un buon chitar-