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il demonio muto 229

nile, o un braccialetto, od uno spillone, o quel che hanno di prezioso e di bello gettano nel fuoco. Le litanie si sollevano al cielo: lo scoppiettare e lo stridere del rogo pare un inferno. Si avanzano gli uomini come spiritati. È notte, e le fiamme, tingendo la chiesa e le case di un rosso sanguigno, dànno ai devoti l’aspetto di demonii. Ecco che volano sul fuoco mandolini, flauti, tamburini, tiorbe. Due alzano una spinetta, e giù sulle brace. Quante chitarre! Una, fra le altre, di avorio, di ebano, d’oro, di perle! Che bellezza!... —

Mi sentii serrare il braccio più forte. La vecchia s’era interrotta, tremava in tutte le membra, e sulle guance grinzose e terrose sgocciolava qualche lagrima. Si percuoteva il petto col pomo del bastoncino. Durò un pezzo a rimettersi, e poi alzò sopra di me gli occhi così stravolti, che ne ebbi paura. Certo, era matta. Continuò, facendo da sè sola dieci passi indietro e picchiando tre volte col bastoncino in terra:

— Qui stava il Santo, immobile, maestoso. Guardava in alto. Qualche volta faceva un gesto con la mano, e allora quelli che gli erano vicini gridavano: Silenzio. E tutti tacevano, e si sentiva, accompagnata dal romore della legna ardente, la voce di lui, che gridava: “Distruggete, fratelli, disperdete gli strumenti del vizio. Quegl’infami oggetti sono del diavolo. Regalateli a me, ch’io li dono a Dio. Non più balli, non più suoni, non più