Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
88 | macchia grigia |
scienza vinse, forse anche la curiosità. Andai ad Idro, e, traversando i magri prati, arrampicandomi sulle roccie, risalendo il letto di un torrente asciutto, mi trovai di contro al casolare dall’altra parte della stradicciuola; gli alberi ed i cespugli mi nascondevano.
La fanciulla stava sull’uscio, immobile, esposta senza riparo ai raggi del sole. Nel primo istante non la riconobbi: la carnagione era diventata d’un rosso cupo, i capelli le cadevano sulla fronte e sulle spalle a ciocche sconvolte, il viso appariva stranamente smagrito e allungato, il labbro inferiore pendeva in giù, gli occhi spenti fissavano innanzi senza vedere: non so perchè, credetti di essere in faccia a un cadavere bruciato. In quell’istante una voce d’uomo chiamò dall’interno del casolare così sinistra e soffocata che pareva uscisse da un sepolcro: — Teresa, Teresa. — La fanciulla non diede segno di avere udito, e la voce continuava tetra e straziante: — Teresa, Teresa.
Scappai; corsi a Brescia, ma il rumore della città mi riescì insopportabile: tornai a Garbe, dove, a forza di ripetere a me stesso, che il tempo rimedia a tutti i mali, anche agli strazii della passione e dell’abbandono, trovai qualche momento di pace. Non ostante, dormivo poco, tormentato com’ero da sogni orribili e da inquietudini febbrili; mangiavo pochissimo; camminavo molto, sperando nella stanchezza.