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un grande patrimonio oltre al proprio reddito, negando che per lui “600.000 dollari in tasca fossero come spiccioli”. Per questo avevano concordato che “l’ipotesi plausibile” fosse che il denaro proveniva dal “Gruppo Berlusconi”, con cui Mills aveva avuto rapporti professionali, e non da Bernasconi.

Per il medesimo motivo, anche dopo l’incontro di Mills con Barker, era stato espresso il parere che si trattasse di un’entrata soggetta a tassazione, derivante dai rapporti professionali di Mills con il gruppo Berlusconi. Mills non aveva detto di non essere d’accordo, non aveva neppure mai detto che si trattava di un regalo personale di Bernasconi: aveva solo ripetuto di non sapere quale fosse l’origine del denaro, arrivato “mediante Bernasconi” o di cui “fu informato da Bernasconi”.

Avevano dunque concordato che queste circostanze dovessero esser comunicate al fisco inglese, che Mills dovesse dichiarare: “ho ricevuto una somma di danaro dal Gruppo Berlusconi”.

In relazione al possibile collegamento fra la somma di danaro e la testimonianza resa in Italia, Mills si era pronunciato in termini simili a quanto scritto nella lettera: “loro sanno anche abbastanza il modo in cui ero stato in grado di dare la mia testimonianza”, senza dire bugie ma superando “momenti molto critici”, e così tenendo “il signor Berlusconi fuori da un mare di guai in cui l’avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo”.

Mills aveva manifestato “la sua preoccupazione che i procuratori italiani … avrebbero interpretato male tale pagamento come collegato a un pagamento da lui accettato da un imputato in un processo nel quale lui aveva testimoniato con la pubblica accusa”. Egli era preoccupato del fatto che la comunicazione al fisco avrebbe potuto determinare l’inizio di un procedimento in Italia, perché in base alla legge inglese e alla normativa antiriciclaggio il fisco avrebbe potuto segnalare il fatto all’Autorità italiana.

In particolare Drennan era anche preoccupato che l’indagine di Inland Revenue avesse potuto avere origine da una qualche comunicazione relativa al “regalo” ricevuto nel 1999: era noto a ogni professionista che le banche avevano l’obbligo di riferire in ordine agli accrediti di somme superiori alle 10.000 sterline.

Da quanto Drennan aveva capito, nel corso della riunione Mills aveva voluto “enfatizzare” il fatto che il denaro non aveva niente a che fare con la deposizione che aveva reso: era questo che Mills voleva che fosse chiaro, quello che intendeva comunicare.

Circa il percorso fatto dal denaro, a Drennan era stato detto solo che esso era stato immesso nel Torrey Fund “da fonti a lui ignote. Mi riferì che Carlo Bernasconi gli disse che questa somma di denaro si trovava lì. Non mi ha detto in che modo ha avuto accesso ad essa, solamente che poteva considerarla un prestito a lungo termine che non avrebbe dovuto rimborsare o come un regalo”.