Pagina:Serao - All'erta, sentinella!, Milano, Galli, 1896.djvu/264

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Eleonora Triggiano era entrata per comperare dei dolci: voleva regalarne alla sua gente di servizio, alla portinaia, a certi poveri bimbi del vicinato, come faceva ogni anno, rendendo felice tutta questa piccola gente. Ma le convenne aspettare, tanta era la folla nei tre magazzini: prese uno sgabello di ferro e sedette pazientemente, come varie altre signore erano sedute. La maggior golosità napoletana, la maggior ricerca era per i dolci natalizi il sosiamello fatto di una pasta lucida giallo-bruna, assai dura, dove entravano il miele e le mandorle, in quantità; il mostacciuolo fatto di fior di farina, di cioccolatte, di conserva di frutta, duro all’apparenza, morbido in sostanza e liquefacentesi in bocca; per l’aristocratica, la pasta reale, rosea, verde, bianca, fatta di mandorle e di amarena, di mandorle e pistacchio, di mandorle e zucchero fitto bianco: questi dolci assumevano tutte le forme geometriche, rotonde, a rombo, a quadrilatero, a forma di panini, a cuore, a rettangolo, di tutti i colori, promettenti tutte le dolcezze: se ne faceva un consumo enorme, gli ordini per mandarne delle cassette in provincia erano presi da due commessi, che non cessavano di scrivere nei loro registri. Ma anche i pasticcini, i pasticcini francesi, di tutte le forme, tutti i colori, con tutte la creme, chiare, brune, gialle, bianche, rosee, anche questi pasticcini, che formano la delizia dei napoletani, erano messi a piramidi, a castelli, nei grandi doppî fogli