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282 | trenta per cento |
— Non farmi l’innocentina, e non credere che noi altri siamo sciocchi. Abbiamo combinato le cose ammodo; gl’interessi che si legano a noi sono tanti, che non possiamo crollare; crollerebbero con noi troppe persone. Rassicurati: siamo abbastanza furbi.
E a questo discorso così cinico, spietato, in cui egli non profittava neppure della pietosa bugia di sua moglie, che fingeva di crederlo in buona fede, in cui egli confessava la sua complicità e se ne vantava, ella sentì in sè stessa come una immensa rovina e come un grande silenzio di morte.
— Tu dunque sai che queste banche sono una truffa, un furto? — chiese ella glacialmente.
— Piano, piano; un’audace speculazione, un vantaggiarsi della ingordigia e della bestialità. Noi diamo l’interesse...
— Levandolo dal capitale — esclamò lei, sempre glaciale.
— Eleonora, questi affari non ti riguardano, — fece lui, con egual freddezza, reprimendo la sua collera. — Le donne non debbono entrare negli affari.
— Tu dunque non mi credi? — chiese ella angosciosamente.
— No, non ti credo.
— Non cercherai di salvarti, di bruciare le carte, di partire?...
— Neppur per sogno.