Pagina:Serao - All'erta, sentinella!, Milano, Galli, 1896.djvu/316

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lunga, confusa, straziante lettera di sua sorella, da Giffoni Vallepiana. La madre e lei avevano commesso un grave peccato. Stordite, imbambolate dalle chiacchiere che erano arrivate da Salerno, ripetute mille volte dai varii depositanti di Giffoni, allettate dalle promesse di un collettore che era giunto finanche nel loro paesello, con la speranza, con l’ambizione di raddoppiare, di triplicare in poco tempo la loro piccolissima fortuna, una casetta e un orto, avevano venduto questa casetta e questo orto, per duemila lire, sperando, con l’interesse della banca Costa, di comperare una casa più grande, una masseria: speravano, così, di essere meno a carico del povero figlio, del povero fratello, del buon Alessandro che lavorava come un cane, a Napoli, per farle vivere. Avevano venduto, ahimè — la casa a Francesco Sorgente che la desiderava da gran tempo, ma che ne aveva dato un prezzo vile, visto la premura che avevano del denaro la madre e la sorella di Alessandro de Peruta. Le duemila lire erano stato mandate a Napoli, per mezzo di un collettore di nascosto — ahimè, — dal fratello, ma le due donne avevano avuto la cartella di ricevuta. Poi, un po’ inquiete del peccato che avevano commesso, avevano scritto, fingendo di niente, al fratello e figliuolo, per sapere qualche notizia sulle banche. Costui aveva risposto — se ne rammentava — una lettera piena di brutalità ed esse erano restate esterrefatte, non sapendo