Pagina:Serao - All'erta, sentinella!, Milano, Galli, 1896.djvu/320

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raggio, meraviglioso in quel piccolo infermo dalla testa grossa e dalle guancie floscie e gialle, egli andò a prenderle alla stazione, fremendo di ansietà, guardandole in volto con tale intensità, che pareva voler loro legger nell’anima. Erano smorte e stanche, ma dal dispiacere di aver lasciato la vecchia casa, dalla stanchezza di un viaggio insolito. Due o tre volte, dopo averlo abbracciato, esse vollero parlare del denaro, della loro unica risorsa, ma egli, con un cenno della mano, fece loro intendere che ne avrebbero parlato più tardi. Quelle tacevano, pensose, mentre lui cercava di farsi un cuore di leone, per dire tutto. E quando furono seduti nella piccola stanza mobiliata, soli, egli, col volto coperto da un pallore mortale, baciò la mano rugosa di sua madre che aveva tanto lavorato, e le disse:

— Mamma, mamma, voi non avete più che me.

Erano donne di provincia, povere donne ingenue e semplici, ingannate, tradite, facilmente ingannate e tradite, ma intesero subito la terribile verità. E mentre la sorella gridava di disperazione, la vecchia voleva inginocchiarsi davanti al figliuolo per chiedergli perdono di averlo rovinato.

— O mamma, — fece lui, tremando di dolore, — voi avete me, avete me, non temete.

E piansero insieme, nella più profonda familiare pietà.