Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
324 | o giovannino o la morte |
tranquillo o invocante umilmente la serenità, o contrito di un innocente dolore; il cuore di costei si appagava solo, nel suo cruccio, di rassomigliare a una scintillante, brutta e crudele vetrina di gioielliere, di cui ogni gioiello sia lagrima o sangue.
Intanto, distesa per terra, chiusa in casa, Chiarina ancora piangeva e singhiozzava. Ma l’urto nervoso le si veniva calmando, lentamente, per quel grande sfogo che aveva fatto. Si levò da terra, raggiustandosi, ravviandosi con le mani i capelli. Era una creatura simpatica e buona, dalla bruna e mobile fisionomia, dai grigi occhi brillanti, dai lineamenti molto delicati; una creatura nervosa e sensibile, pronta al pianto, pronta al sorriso, indomita di volontà. Dopo dieci minuti era già calma, tanto che uscì sopra un terrazzino che dava sul cortile, simile in tutti i piani e al cui pozzo attingevano anche gli inquilini dell’altro palazzo Santobuono, sporgente per una facciata nello stesso cortile. Ella andò al pozzo come se volesse attingere acqua; ma immediatamente, alla finestra attigua, che dava egualmente sul pozzo, un giovinotto apparve. Il terrazzino e la finestra stavano allo stesso livello, ma avevano il pozzo in mezzo, con un garbuglio di funi, di carrucole, di catene di ferro, di secchi: anche a distendersi, era impossibile darsi la mano ed era probabile cascare nel pozzo. Ma si poteva benissimo fare una conversazione. Tutti vedevano, dal portone, dal cor-