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348 o giovannino o la morte


— Ho ringraziato, — mormorò la ragazza, senza levar gli occhi dal suo lavoro.

— E vi ringrazio anch’io, bella mamma nostra, — disse Giovannino con la sua voce da seduttore. Donna Gabriella si faceva vento, estasiata. Poi, chiamata, lasciò la stanza. E Chiarina sottovoce, rapidamente, disse a Giovannino:

— Lo sai? è roba dell’agenzia.

— Be’? e che fa? — chiese lui meravigliato.

— Roba impegnata, ti dico, — ribattè lei sgomenta.

— Capisco. E che fa? — ripetette lui, quietamente.

La fanciulla soffrì crudelmente, in quel momento: ma la matrigna rientrava e non osò dire altro. Tutto il palazzo, il giorno seguente, parlava della generosità di donna Gabriella, che faceva fare a Chiarina un corredo degno della figlia di una principessa. Ma la ragazza, disillusa, scorata, non aveva potuto chiudere occhio tutta la notte. Si era addormentata male, al mattino, parendole, nel sogno di aver addosso una fantastica camicia di lagrime, una fantastica sottana di sangue... e che donna Gabriella e Giovannino di ciò ridessero assai, assai. Ci vollero molti giorni a vincere i suoi scrupoli: e la delusione le restò nel cuore, dolorosa. Adesso lavorava alla macchina, anche di sera: il ticchettìo dell’ingranaggio la distraeva da certi fastidiosi pensieri. Talvolta era così assorta nel lavoro, che