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parte seconda 95

cravatta chiara di mattino, i guanti oscuri, giravano per la platea, per le poltrone, cominciavano a fare qualche visita per i palchi. Pareva una vera serata di commedia.

— Che si fa qui? — chiese Lucia, prendendo posto nel palco numero uno, di prima fila.

— Vedrai, vedrai.

— Ma questo tavolato che continua il palcoscenico e prende tutto il posto dell’orchestra, perchè?

— Oggi è il torneo di scherma.

— Ah! — fece Lucia, mediocremente commossa — Andrea fa tre assalti — soggiunse Caterina.

— Ah sì? — ripetette l’altra con lo stesso tono.

Il maestro d’armi prese posto in fondo al palcoscenico, accanto a un tavolino carico di fioretti, di maschere, di piastroni. Subito in platea tutti sedettero. Fu un silenzio profondo. Il teatro era pieno. Il maestro d’armi era il conte Alberti, un gentiluomo alto, forte, calvo, dalle folte basette brizzolate, dall’aspetto grave. Era vestito tutto di nero e aveva il soprabito abbottonato. Si appoggiava sopra un fioretto.

— Guarda, guarda che tipo — disse Lucia. — Una bella figura rigida.

La prima coppia si avanzò sul palcoscenico. Era il barone Mattei e il maestro Giovannelli. Il barone Mattei era alto, membruto, con la barbetta corta tagliata a punta, i capelli rasi a punta sulla fronte: portava un costume serrato, di panno marrone, con una cintura nera. Subito conquistò le simpatie delle signore; vi fu un movimento nei palchi.