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176 | fantasia |
— Credo: almeno mi è parso lungo il tempo — e sorrise melanconicamente. — Vedete com’è bello qui, Lieti?
— Oh bellissimo! Come devo essere ridicolo io, in marsina, in questa campagna verde!
— No. Anche questa campagna ha qualche cosa di troppo elegante, d’incipriato. I rami degli alberi paiono tagliati con le forbici. Oh chi mi darà la natura, la vera natura, grande e onnipossente?
— Quando la vostra voce si abbassa in un desiderio, è incantevole — disse Andrea, guardandola, ammirandola.
— Non desiderate anche voi la vera campagna?
— Eh! alle volte non è poetica. Talvolta è arida, talvolta puzza di concime. Ma io so dov’è il vostro ideale; il bosco profondo, le viottole, i laghetti perduti nelle forre...
— O Dio, voi sapete dov’è tutto questo, Andrea! — e congiunse le mani sul petto, col desiderio che le faceva tremare la voce.
— Qui, nel giardino inglese.
— Lontano, lontano, lontano?
— No, vicino: tre quarti d’ora di cammino.
Si fissarono, dicendosi qualche cosa, come se si consultassero. Ella si guardò intorno, chinò la testa, rassegnata, e sospirò. Anche Andrea aveva voglia di sospirare, sentendosi il petto oppresso. Buttò per terra il gibus, passandosi la mano nei capelli ricciuti, come soleva. Lei sporse il piedino, con la fibbia gemmata della scarpetta, brillante al sole.