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criterio, stupidamente. La principessa leggeva ogni nuovo bollettino con un sorriso indulgente: in fondo era una donna di spirito che si trovava bene dappertutto, ma notava finemente ogni cosa. Pregò le signore a rifare la votazione e mettersi d’accordo sopra un nome, per avere un esito serio. Allora dei gruppi si formarono; la moglie del colonnello andò attorno, parlando sottovoce con le signore giurate.

— Signora Lieti, le piacerebbe il nome della signora dell’onorevole? Sarebbe meglio avere una votazione unanime.

— Per me voterò pure per la signora che dite. Durerà ancora molto la seduta?

— Non me ne parlate, è un supplizio. Figuratevi che oggi io ricevo gli ufficiali superiori, e mio marito è in casa ad aspettarmi, e lo troverò in collera. Diciamo dunque quel nome?

— Sì, contessa: ma sarebbe bene che ci spicciassimo.

— A chi lo dite!


Andrea, Alberto e Lucia andavano su e giù per la mostra agraria. Alle dodici, dopo colazione, erano venuti tutti quattro a Caserta, in carrozza. Avevano lasciato Caterina nella sala del giurì didattico, promettendo di venire a prenderla subito. Quel giorno, aveva dichiarato Alberto, egli si sentiva benissimo, forte, e voleva veder tutto, tutto. Invece Lucia era di pessimo umore, ma aveva fatto un sorriso di gioia malinconica udendo di quel miglioramento. Andrea era allegro e portava il quotidiano abito estivo invece di quella