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In rilievo vi si leggeva: — A Margherita di Savoia, regina d’Italia.

— Chi lo ha fatto? — chiese Lucia.

— Due signorine, figlie di un proprietario di San Leucio — rispose Andrea.

— Che età hanno?

— Credo, ventotto, trent’anni.

— Belle?

— Oh! no, ma buonissime.

— Si capisce. Vedete, in quel quadro io ci vedo un romanzo. Povere creature, che forse hanno passato le loro solitarie serate d’inverno, relegate in casa, distraendosi con questo antiartistico, provinciale, umile lavoro. E forse ambedue ci si sono affaticate, sospirando su qualche amore incompreso che l’avidità dei parenti impedisce. O forse ci hanno lavorato, pensando di essere vecchie zitelle, una gioventù sfiorita. Povero quadro! Lo comprerei...

— È fuori vendita. Lo manderanno alla regina forse.

Poco a poco i suoi due interlocutori si erano fatti malinconici anche loro, al contatto di quella malinconia affascinante. Andrea scuoteva le spalle per riprendere il suo buonumore, ma dopo si accasciava di nuovo, come vinto. Alberto si raddrizzava anche lui, tormentandosi i baffetti spelati, cominciando a sentire la stanchezza.

— Vi è ancora molto da vedere? — disse ad Andrea.

— Io non ho volontà. Conducetemi dove volete. Sapete che sono del giurì delle signore, per i fiori? Ieri ebbi la nomina.