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come una fanciulla di diciott’anni, con una bianchezza tenue; è grande, sviluppata, forte, coi petali densi, di un biancore ardente. E quando appassisce diventa gialla, quando muore pare sia arsa.

Ella gli diceva tutto questo ritta innanzi al tappeto mortuario, parlando sottovoce, quasi astratta, come se narrasse a se stessa la storia dei fiori. Era molto pallida, ma gli occhi erravano, dolcissimi. Dalle gardenie un acuto odore saliva: così acuto che ad Andrea pareva sentirne le punture nelle nari, punture salienti al cervello, battenti alle tempia, dove sembrava affluisse più carico, più pesante il sangue.

— Ecco un bel mazzo — disse lui, per distaccarsi da quel tappeto funebre di cui vedeva la croce, di un bianco vividissimo, staccare sul fondo bruno delle viole.

— Sì, sì, è bellino — disse Lucia, e l’osservò attentamente, avvicinandosi, allontanandosi per giudicare meglio dell’effetto — proprio carino. Ha qualche cosa di velato e di verginale, non vi pare? Sono i fiori più fini e più giovanili della flora esotica. Il cuore del bouquet fatto di reseda, piccola, dal profumo sottile, dal colore verdiccio. Poi una larga fascia di vainiglia che cinge la reseda col suo violetto sbiadito, il suo fiore intagliato con un merletto. E su tutto questo un velo, una nuvolina di brughiera che tempera dolcemente, che mette il mazzo in una lontananza nebulosa. La brughiera sembra un fiore nordico; non odora, non è fresco, ma la sua ombra è mite, è fedele. Ecco un gruppo di fiori puro e innocente.

Andrea, invece, si sentiva male anche innanzi ai