Pagina:Serao - Fantasia, Torino, Casanova, 1892.djvu/246

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prendendole una mano — la vostra voce è una musica. Voi dite cose strane e armoniose.

Ella gli abbandonò la mano guantata, ma non disse altro. Guardava il foro del tetto, donde penetrava la luce. Andrea saliva con le dita lungo il polso, cercando nella manica dove finiva il guanto, dove cominciava il braccio nudo.

— Avete un lapis? — domandò lei.

Andrea staccò il portalapis d’oro dalla catena del suo orologio e glielo diede. Lei cercò il punto più oscuro del portico, e col lapis, sul muro, disegnò un cuore, con una linea sottile bruna. In mezzo vi scrisse:

A Venere, Dea


Lucia

Restituì il lapis ad Andrea. Egli si piegò a leggere e subito scrisse il suo nome, così:

A Venere, Dea


Lucia

Andrea

— Fatalità, fatalità — gridò ella, fuggendo dalle braccia di Andrea che se la prendevano.


Si era seduta sull’erba, coi piedini che quasi arrivavano nell’acqua, coi merletti bianchi delle sottane che spuntavano sotto la gonna dell’abito. L’ombrellino era buttato per terra, lontano. Ella, con le mani guantate