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parte quinta | 345 |
tando intorno intorno occhiate feroci, provando un piacere rabbioso, un’ebbrezza di collera, a ricordare tutti i particolari voluttuosi di quell’amore. Caterina, invece, tendendo il capo verso lui, conservava sul viso la sua espressione di sorpresa dolorosa.
— ... si sono baciati, i maledetti assassini. Egli me le ha morsicate le labbra umide e rosse della mia Lucia; quelle labbra che erano mie, solamente mie, egli me le ha prese, mettendoci i suoi grossi baci brutali, che le avranno fatte appassire. Vorrei che tu avessi respirato l’arsenico, la stricnina, in quei baci, e che ti avessero avvelenato nella loro dolcezza, brutto ladro, traditore. Ah! erano buoni i baci di Lucia, neh? Ah! ti son piaciuti e te li sei presi e te li sei portati via, ladrone di campagna, brigante, brigante...
Un colpo di tosse lo affogò: tossì lungamente, con la testa che sbalzava sul cuscino, col petto che palpitava, con un sonito rôco, come di membrana che si laceri. Tremante tutto, prese il fazzoletto e vi sputò entro. Con un gesto frettoloso e spaventato, si sollevò per vedere che avesse sputato, guardò con cura.
— È bianco — disse con un filo di voce, ricadendo sui cuscini, fiaccato, pallido ancora d’ansietà, il petto anelante come un mantice.
Si riposò per un pezzo, poichè l’accesso era stato forte. Ella aspettava, seguendo tutti i suoi movimenti. Quando egli aveva sputato, un piccolo moto di nausea le aveva fatto voltare la testa in là.
— Datemi un cucchiarino di codeina. È la bottiglina azzurra, che ha il cucchiaio accanto.