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28 fantasia

corsa per il salone. Lo scompiglio fu grande. Caterina Spaccapietra rimase un momento stordita.

— Al terrazzo! — le gridò Minichini — lì è il pericolo. Al terrazzo!

Lucia Altimare fuggiva pel salone, con la testa china, la veste bianca che- sbatteva intorno alle gambe, disciolte le trecce nere che sbattevano sulle spalle. Fuggiva pel salone, fuggiva pel corridoio, senza guardarsi innanzi, sentendo dietro il respiro affannoso di quelle che correvano per raggiungerla. Nel corridoio lungo raddoppiò la velocità; alle scale che conducevano al refettorio buttò via la sua cintura tricolore.

— Altimare, Altimare, Altimare! — gridavano dietro le sue compagne, ansimanti. Ella non si voltava: faceva le scale a salti: inciampò, si rizzò subito, riprese lena, uscì nel corridoio superiore che fiancheggiava il dormitorio, si slanciò alla prima porta, la trovò chiusa: ruggiva di dolore.

— Altimare, per carità, Altimare, Altimare! — ripeteva l’eco del collegio in tumulto.

Corse a un’altra porta, la spinse, entrò nel dormitorio: dinanzi al Cristo, sul suo letto, fece un gesto folle di saluto. In fondo alla corsìa era il balcone che dava sul terrazzo. Sempre, a trenta passi, correvano dietro, dieci, quindici fanciulle: poi tutto il collegio. Lei non udiva. Oramai non la raggiungevano più. In uno slancio supremo arrivò al balcone, lo schiuse, corse sull’asfalto nero che bruciava al sole di luglio, acciecata di luce, acciecata d’aria, acciecata di disperazione, quasi vedendo abbassarsi al suo desiderio il parapetto di pietra.