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58 | fantasia |
— O Ninì, o Ninì — ripeteva lui, ficcando il grosso naso rincagnato nella mollezza della cravatta.
Poi posò la moglie a terra, respirò violentemente, sbuffò come un mantice, si stirò.
— Come sei bagnato, Andrea!
— Da capo a piedi. Un tempo indiavolato. Ieri una caccia magnifica; ma oggi, perdio, una pioggia birbona. Mi sono immollato sino alle ossa.
Si affacciò alla finestra del cortile e gridò:
— Bada ai cani, Matteo. Strofinali con la paglia calda.
— E tu, Andrea?
— Vado a cambiarmi. Ma, sai, non ho freddo. Ho camminato tanto, che ho caldo. È pronto tutto?
— Tutto pronto.
— E il pranzo? Ho una fame da morire.
— Pronto il pranzo, Andrea.
— Maccheroni, eh?
— Pasticcio di maccheroni.
— Urrà! — urlò lui, squassando in aria il suo cappello. — Sei una Ninì d’oro.
E la riprese in braccio, come un mucchietto di roba.
— Mi bagni tutta — disse lei sottovoce, senza schermirsi.
— Sono una bestia, hai ragione. Il tuo bell’abito bianco! Che malcreato!
E glielo puliva con le mani, delicatamente. Cavò il fazzoletto, s’inginocchiò per asciugarle la gonna; lei diceva no, che non era nulla, che non voleva si affaticasse.