Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/219

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scuola normale femminile 215


spregiudicate ricominciarono a mormorare, a ridacchiare, a urtarsi col gomito, a fare smorfie per non ridere, e la voce acuta di Luisetta Deste, chiese:

— Professore, scusate, che rappresenta, misticamente il sacramento del matrimonio? —

· · · · · · · · · · · · · · ·

Il direttore e professore di scienze fisiche e naturali, immerse la mano magra come quella di una donna nella urna-scatolina di cartone, e ne trasse un rotoletto di carta.

— Judicone, — disse lui, schiudendo il rotoletto.

La decuriona impallidì leggermente, ma cercò di sorridere e si levò per dire la lezione.

— Venite sulla cattedra: spiegherete così la macchina praticamente.

Difatti la macchina di Atwood, lunga, sottile, complicata, tutta ottone e acciaio, drizzava sulla cattedra la sua figura di piccola forca. Judicone vi si pose accanto, grassa, grossa, con la sua bonaria faccia plenilunare, coi suoi fianchi larghi di madre futura, con la gola piena e bianca di matrona: e lentamente, cercò di chiarire alle compagne quel congegno difficile e delicato, per cui si misurano le cadute dei gravi. Con la mano pienotta dall’indice teso, ella toccava le piccole leve, le ruoticine, i volanti, le mollette dentate; gli occhi di un dolce color d’olio, pregni di bontà, si fissavano intensamente su quell’ingranaggio metallico, come se volesse estrarne tutta la verità. Ma dopo tre o quattro minuti di spiegazione, la voce si andò rallentando, la frase divenne stentata, le parole s’imbrogliarono, Judicone restò taciturna con le braccia abbando-