Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/231

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scuola normale femminile 227


cucito in casa, l’altra per una mantellina di trina, fatta ad applicazione, l’altra pel cappellino nuovo che costava in tutto nove lire e cinquanta, la quarta per certa sciarpetta ricamata nei piccoli, brevissimi intervalli d’ozio; parlavano dei bagni di mare, a Santa Lucia, al Chiatamone, alla Riviera di Chiaia, a Posillipo, combinavano delle comitive, per spendere meno e per divertirsi di più: ogni camerino costa una lira: diviso per quattro, si tratta di cinque soldi al giorno, per ognuna, e si va a piedi, che importa? Parlavano del grande divertimento estivo, serotino ed economico, che è il desiderio delle fanciulle borghesi napoletane, la Villa, la Villa col gas, con la musica, con la folla delle ragazze e dei giovanotti, con le sedie di ferro che costavano un soldo, e il mare e la luna che non costavano niente. Sì, cercavano di aver l’aria disinvolta: ma sotto tutti quei sorrisi, il tormento trapelava, sotto quei discorsi di vestiti, di bagni, di seratine, trapelava il pensiero angoscioso, l’altro, quello per cui nessuna di loro aveva dormito alla notte, quello per cui si erano affaticate otto mesi in cui negli ultimi due mesi estivi, giugno e luglio, avevano sgobbato, dalla mattina alla sera, sui libri, sui quaderni, sui sunti, sulle formole; il pensiero profondo e dominante, per cui in quel giorno chiamate in iscuola alle nove, si erano alzate alle sei, erano uscite di casa alle sette, e dopo molti giri di passeggiata erano tutte capitate lì, alle otto, un’ora prima. Quello era il giorno dell’esame orale, pel diploma superiore. E l’esame, l’esame, era il pensiero pauroso, angoscioso, profondo e dominante.

Tanto che, non reggendo a lungo la finzione in