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Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/241

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scuola normale femminile 237


vata, come se fosse stata la più zelante, la più studiosa fra le alunne — e tornando, ridacchiava, la sfacciatella, e si burlava degli esami e degli esaminatori e del diploma e di tutte le cose scolastiche, noiose e odiose; il che contristava le buone fanciulle che avevano perduta la salute a studiare. Vi era il caso della Scapolatiello, che giusto la sera prima, aveva sentito in casa l’annunzio delle nozze di sua sorella, con quel giovinotto che ella adorava silenziosamente; si sposavano in settembre, non vi era più rimedio, e questa notizia le aveva sconvolto talmente la testa, che era andata all’esame come una trasognata, senza intender nulla di quello che le chiedevano, trasalendo ogni tanto dolorosamente e pigliando una riprovazione coi fiocchi: in un angolo della terza classe, la infelice, senza piangere, senza sospirare, andava ripetendo che le restava solo la morte. Vi era il caso delle due sorelle Santaniello, l’una già tisica, che quell’anno di lavoro aveva disfatta e a cui gli esaminatori avevano dato il diploma quasi per pietà, guardandola con commiserazione e parlando sotto voce fra loro, mentre quella restava lì, tutta imbarazzata, tutta vergognosa della sua malattia: e l’altra anemica, timida, intelligentissima, senza coraggio, a cui gli esaminatori avevano dovuto strappare le parole ad una ad una, con sforzi immensi, tanta era la confusione e il timore della poverina. E vi era il caso di Giustina Marangio, la quale, giunta innanzi alla lavagna dove Fraccacreta, prima di lei, aveva trovato la superficie della piramide, aveva fatto osservare al professore un errore nella dimostrazione, a cui egli non aveva badato; aveva rifatta lei, vittoriosa-