Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/259

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si affacciò donna Irene Moscarella, la zitellona preistorica, quella che tutti ricordano zitellona, da un tempo immemorabile, la zitellona non più collerica nè ridente, ma quieta nell’apatia, nella quasi immobilità della vita.

Emma Demartino era rimasta sul balcone, pensando, mentre due bande musicali, una a destra, l’altra a sinistra, suonavano ora la marcia reale, ora l’inno di Garibaldi. Era felice, molto felice per Rosina, la sua amica, ma pensava che se Carluccio Scoppa, che studiava a Napoli l’avvocatura, non si fosse fatto bocciare in due materie lei, Emma, si sarebbe maritata prima di Rosina: Carluccio era a Napoli, a prepararsi per gli esami di riparazione, a novembre sarebbe riuscito ad aver la laurea e forse, per l’altro agosto si sarebbero sposati. Che peccato, dover perdere così un anno! Lei ne aveva già venticinque, è vero, e questo le dava come un pensiero latente di malinconìa, come una punta di amarezza: si sentiva pallida, smorta, sfiorita, mentre i venticinque anni di Rosina Sticco erano tutta una fioritura di rosei colori e di sorrisi. Con quanta grazia Rosina andava intorno, offrendo confetti e vino di Marsala, lieta dei suoi larghi vassoi d’argento, dei suoi bicchierini di Boemia, dei dolci che erano venuti da Napoli e del vino che Vincenzino aveva fatto venire dalla Sicilia! Se Carluccio avesse avuto miglior sorte agli esami! Ora sarebbe lei, Emma, che regalerebbe alle sue amiche, i confetti del matrimonio. E non volle mangiare quelli che Rosina le offrì. Una grande malinconìa le era piombata sull’anima.

Intanto, uno sparo di mortaletti annunziò che lo