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La Conquista di Roma 123

con quel riso sarcastico romano che poche cose vincono. Una voce circolò:

«Serra! Serra! Dov’è Serra? Parli Giorgio Serra!»

Ma Serra non rispondeva. Forse si nascondeva, umile, tra la folla. E la folla si mosse in vario senso, come se in lei avvenisse una cerna.

«Serra, Serra!» si ripeteva ancora, quasi evocando quella bella testa di poeta e di artista.

Ma Serra non vi era. Forse, mite sognatore che qualunque realtà nauseava, era disceso lentamente in quella Roma che egli amava, o, più probabilmente, costeggiando la grande siepe fiorita di biancospini e di roselline, era andato a passeggiare per gli ampi viali, profondi e raccolti, di villa Pamphily, ritrovando le sue care illusioni in quella verdezza di campagna, impregnandosi di quell’alta bellezza naturale.

«Gliel’ho detto,» mormorò Giustini a Sangiorgio, «che Serra sarebbe scomparso: egli odia la rettorica».

«E fa male: la rettorica è una forza,» ribattè Sangiorgio.

Per la seconda volta il deputato toscano squadrò il deputato meridionale, con un lieve accenno