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Pagina:Serao - La conquista di Roma.djvu/142

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138 La Conquista di Roma


«E che bisogna fare?» domandò, quasi tremando, Francesco Sangiorgio.

«Conquistarla.»

E Tullio Giustini, con la mano scarna, fece un largo gesto verso la città.

«Conquistarla... Guai ai mediocri, guai ai paurosi, guai ai deboli, come me! Questa città non vi aspetta e non vi teme: non vi accoglie e non vi scaccia: non vi combatte e non si degna di accettare la battaglia. La sua forza, la sua potenza, la sua attitudine è in una virtù quasi divina: l’indifferenza. Vi movete, gridate, urlate, mettete a fuoco la vostra casa e i vostri libri, danzate sul rogo: essa non se n’accorge. E la città dove tutti son venuti, dove tutto è accaduto: che gliene importa di voi, atomo impercettibile che passate così presto? Ella è indifferente, è la immensa città cosmopolita, che ha questo carattere di universalità, che sa tutto, perchè tutto ha veduto. L’indifferenza: la serenità imperturbabile, l’anima sorda, la donna che non sa amare. È lo scirocco spirituale, la temperatura tepida e uniforme, che vi fiacca i nervi, vi ammollisce la volontà e vi dà, ogni tanto, le grandi ribellioni interne e i grandi accasciamenti. Ep-