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158 La Conquista di Roma

fermità. E come in quell’anticamera lugubre, che chi l’ha vista una volta, per sè o per una persona cara, non può dimenticare; come in quella stanza si riuniscono insieme tutt’i malori che tormentano il povero corpo umano: il tisico con le spalle strette e curve, il collo sottile e gli occhi nuotanti in un fluido morboso; il cardiaco dal viso pallido, dall’arteria grossa, dalle mani giallastre e gonfie; l’anemico dalle labbra violacee e dalle gengive bianche; il nevrotico dalle mascelle rimontanti, dai pomelli sporgenti, dal corpo scarnato, — e tutte le altre malattie ignobili o pietose, che torcono le linee del viso, che serrano nervosamente le bocche e danno quel calore insolito alle mani, quel calore che fa spavento alle persone sane; — così in quella stanza fredda, venivano a raccogliersi tutte le miserie morali umane, di tutto dimentiche, concentrate nella propria pena.

Vi era il giovanotto che ha fatto il maestro elementare senza patente, è venuto a Roma per avere un impieguccio qualunque, e poichè gira da un mese invano, timido, ha finito per chiedere un posto di servitore che non vogliono dargli, perchè ha l’aria poco servile; l’ex-impiegato del