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160 La Conquista di Roma

dilatazione di nari che tremano all’urto nervoso, un aggrottamento di sopracciglia che contrista tutto il viso, una convulsione di mani che si serrano nelle tasche del paletot, una curva malinconica nel sorriso femminile che va discendendo di delusione in delusione: e insieme un concentramento profondo, una dimenticanza di tutti gli interessi altrui, un pensiero unico, una idea fissa, per cui si guardano, s’incontrano, si urtano, ma par quasi che non si sentano e non si vedano. La sala è sudicia sul pavimento, sporcata dai piedi che hanno attraversato le pozzanghere dei vicoli, tutta macchiata di grossi sputi di persone raffreddate.

«Chi ha chiesto l’onorevole Moraldi?» grida la voce dell’usciere.

«Io», risponde un vocione imponente, un uomo grasso e grosso, con la pappagorgia rossa.

«Prega di aspettare un poco: parla il signor ministro.»

E il grosso uomo si pavoneggia nel suo soprabitone caldo, che descrive una curva sensibilissima sulla pancia. Qualcuno lo guarda con invidia, poichè il suo deputato lo ha almeno pregato di aspettare, mentre altri si dànno per assenti,