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162 La Conquista di Roma

due, come un bruco, sul banco, scriveva un’altra scheda, la consegnava a un altro usciere, che tornava, gridando:

«Chi ha chiesto l’onorevole Zanardelli?»

«Io,» rispondeva quella vocetta sibilante.

«Vi è: parla il ministro, non può venire.»

Lo spettro scriveva ancora, senza perdere la pazienza.

Ma un deputato, più arrendevole, era uscito all’appello di colui che lo desiderava, accogliendolo con una certa premura frettolosa, conducendoselo nell’altro salone dove avvengono le conversazioni fra clienti e deputati. In quel salone vi erano tre o quattro signore, sedute nell’ombra, aspettando, con le mani nel manicotto. Il deputato e il cliente andavano su e giù: il cliente discorreva con vivacità, gesticolando, e l’onorevole lo ascoltava, con gli occhi bassi, attentamente, chinando il capo ogni tanto per approvare.

Nella sala d’aspetto l’attesa aveva stancato tutta quella gente: una lassezza fisica e morale piombava su loro: la nuova delusione, in quella caduta di giornata, spezzava le loro gambe; qualcuno si appoggiava al muro; sulle ginocchia della