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La Conquista di Roma 179


«Oh caro Sangiorgio, buona sera, perchè sei malinconico?»

«Perchè non ti ho riconosciuto ancora, carina».

«Tu non mi conosci, tu non devi conoscermi, tu non mi conoscerai mai. Io lo so, perchè sei malinconico, Sangiorgio. Te lo dico in un orecchio: sei innamorato».

«Di te, cara».

«Mi fai ridere: sei troppo galante: non si usa, al veglione. Sii brutale, te ne prego; ne va del tuo decoro. Senti ancora: il Ferrante non è più candidato a membro della commissione del bilancio. Si parla di te: te lo avverto; sii cauto».

Egli restò colpito. Il domino sfilò tra la folla e scomparve. La notizia lo aveva meravigliato molto: non se l’aspettava. Che ne aveva ricavato dal suo grande discorso? Una discussione lusinghiera col capo della destra, don Mario Tasca, l’oratore freddo, mite ed elegante, il moderato socialista, l’uomo politico che aveva perduto il proprio partito per la nebulosità delle proprie tendenze. E poi saluti, presentazioni, strette di mano. Il ministro, rispondendo, aveva reso omaggio all’avversario, ma aveva insistito sulla proposta,